mi preme esprimere delle considerazioni nel merito della discussione in Aula alla Camera del DDL Lorenzin, che continuerà il 17 pv. Dalla lettura degli emendamenti presentati e come pubblicati sul Sito Istituzionale, evinco che regni tra i politici, una grandissima confusione sulle modalità nella redazione e nel merito dei contenuti degli stessi.
Infatti nel primo testo pubblicato, insistevano molti errori di impaginatura, di cui, un cittadino qualunque, che vuol capire cosa fa il Parlamento, non avrebbe potuto comprendere tali criticità. Sicuramente, nella fretta della pubblicazione, sono risultati refusi di stampa, ma il documento ufficiale risulta consono e corretto.
Detto DDL nasce, ed è stato fortemente voluto dalle Professioni Sanitarie, per dare piena dignità e pari opportunità alle stesse, non ancora ordinate, oltreché, per riparare ai danni commessi dai Governi precedenti, a partire dal Governo D’Alema, che nel 1999, stralciò dall’art. 1 nella L. 42/99, l’istituzione degli Ordini per le Professioni Sanitarie, per non parlare dell’affossamento della L. 43/06, dove alcuni politici, con sottile linguaggio politichese, ebbero modo, illustrando l’inutilità dell’Istituzione di ulteriori Ordini Professionali, avevano l’auspicio che venissero aboliti Tutti gli altri Ordini insistenti.
Ad oggi i vecchi ordini non sono stati aboliti, anche e soprattutto per il fatto che, a mio modesto avviso, risulta difficile per la politica, scardinare poteri consolidati, a cui invece, ne riconosco, nel nostro sistema, l’utilità di esistenza, non solo per contrastare l’abusivismo professionale, ma anche per determinare percorsi deontologicamente corretti ed essenzialmente rispettosi dell’essenza della professione che si esercita.
Pertanto, ripetendomi per un articolo precedente, pubblicato nel suo web, il Parlamento è obbligato a dare pari trattamento alle 22 Professioni Sanitarie insistenti nel nostro ordinamento, confluendo le stesse in tre Ordini Professionali. Per questo risulta necessaria l’approvazione del DDL Lorenzin in questa Legislatura.
Se poi, com’è successo, alcune situazioni ne hanno rallentato l’iter, tale situazione non deve far demordere gli oltre 600 mila professionisti della sanità alla pretesa di non essere più vincolati in una disparità di trattamento rispetto alle Professioni Ordinate.
Non entro specificatamente nel merito scientifico delle neo professioni sanitarie individuate. Mi limito semplicemente ad esternare un pensiero nell’ ambito giuridico- sindacale. Ricordo, a chi legge, che la figura del terapista della riabilitazione (oggi fisioterapista) veniva definita con il relativo Ordinamento didattico sin dal 1974, con apposito DM. Al contrario, la figura dell’osteopata e del chiropratico con tutto il rispetto per le stesse, non sono, in atto, rientranti nel nostro ordinamento, ne hanno ancora avuto il riconoscimento legislativo/normativo.
Come premesso nell’occhiello, insiste l’obbligo della politica di rispettare le normative vigenti e non stravolgere ciò che è stato già legiferato, lasciando alle professioni riconosciute e al mondo scientifico per una corretta disamina delle esigenze di salute dei cittadini e quindi la necessità di nuove professioni.
Anche questa risulta essere prevenzione.
Esprimo un immenso rammarico nei confronti di innumerevoli colleghi che, nel rappresentarsi nel loro esercizio professionale, anche attraverso la pubblicità e le insegne dei propri studi professionali, che antepongano la dizione di Osteopata, rispetto a quella di Fisioterapista (riabilitatore per concezione storica).
Mi permetto di aggiungere, oltre che essere un sindacalista, di svolgere la mia professione di riabilitatore, ribadendo, come affermato in precedenti articoli, che l’Osteopatia sia una pratica che rientra nell’ambito della cura della persona per un suo recupero funzionale, anche al fine di condurre una vita relazionale adeguata ed uno stato di salute ottimale (l’ICF insegna).
Mi auguro che il DDL, che , nella seduta del 17 pv, siano approvati tutti gli emendamenti che ristabiliscono il valore delle norme vigenti, ossia quanto previsto dal comma 3 dell’art. 5 della L. 43/06, attraverso il parere vincolante del Css e l’istituzione di una Commissione ad hoc.
Semplicemente prevenzione, ma, nel tal caso, senza le influenze politiche, che possano aiutare molte persone a potersi collocare, in maniera legittima, nel mondo del lavoro, in assenza delle dovute verifiche del mondo scientifico ed accademico, nonché di quello sindacale. Tutti siamo in possesso di conoscenze, ma le competenze debbono essere acquisite e certificate costituzionalmente.
Risulterebbe inopportuno concedere alle nuove professioni individuate e non istituite (un ulteriore elemento per aggirare la normativa vigente), l’opportunità, per via politica, a tale riconoscimento. Basta ad aiutare qualcuno invece di aiutare tutti i cittadini.
Roberto Ferrara
SN Spif Ar
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