Gentile Direttore,
premesso che questo sindacato di categoria, riconoscendo in AIFI l’unica Associazione rappresentativa i Fisioterapisti, prende le distanze da associazioni e/o federazioni che vorrebbero far comprendere, ai non addetti ai lavori di rappresentare la categoria. Così non è! Ciò premesso e com’è noto a tutti gli attori ed attrici del sistema “Sanità”, il comma 283-bis inserito nella Legge di Stabilità 2019, ha destato e continua a destare non poche preoccupazioni, a tutti quei professionisti sanitari che, hanno conseguito un titolo abilitante la professione, presso le Università Italiane.
In questo comma, fin dall’inizio, si sono evinti dei vulnus, anche di carattere Costituzionale che, per come ci è stato riferito, non troverà opposizione alla votazione presso la Camera dei Deputati.
Occorre sottolineare che, l’iter successivo cioè la stesura dei decreti attuativi, non sarà così semplice per chi si dovrà adoperare a superare dei “vuoti” normativi e, per citarne qualcuno, ci piacerebbe sapere di quali titolo si parla; chi è deputato alla verifica di tali titoli ed in base a quale criterio; considerato che, sentenze, leggi dello Stato e lo stesso Ministero della Salute hanno sancito l’importante differenza che esiste tra professioni che sono “di interesse sanitario” con funzioni ausiliarie e professioni Sanitarie? Lo stesso Ministero della Salute, qualche mese addietro, si è opposto in giudizio (sentenza Consiglio di Stato) che ha sancito per tramite i giudici che: “quella del massofisioterapista – non espressamente soppressa come attività o figura professionale e che si connota per la mancanza di autonomia professionale e per una formazione di livello inferiore – sopravvive e trova collocazione nell’ambito della predetta categoria di “operatori”. Si deve desumere dall’eterogeneo quadro normativo, stratificatosi nel tempo - prosegue il capo 27 di detta sentenza - che la figura del massofisioterapista, il quale abbia conseguito solo un titolo di formazione regionale, ben può rientrare nel novero degli operatori di interesse sanitario, con funzioni ausiliarie. “
Qui non si tratta di demolire qualsiasi “tentativo” di normare questioni aperte
, tra l’altro già normate e pertanto chiuse, (L’articolo 4 della legge 42/99 “(Diplomi conseguiti in base alla normativa anteriore a quella di attuazione dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni) bensì il rispetto e l’osservanza della Carta Costituzionale.
Se ci è consentito, ritenendolo utile ai fini della Conoscenza, siamo ad informare che i cosiddetti 20.000 non operano sicuramente in Strutture Pubbliche, dove, la figura del MFT era già ad esaurimento nel CCNL sanità 1998/2001 e per di più collocata nella Catg. B livello Bs, con la possibilità di progressione interna per il passaggio alla Ctg. C.
Altro aspetto assumono le cosiddette strutture private convenzionate, dove molti di tali soggetti sono stati licenziati per mancanza del requisito normativo ai fini dell'accreditamento Istituzionale. Altre invece continuano a mantenerli per il precario controllo da parte delle ASL.
Dei 20.000, forse, solo il 10% si trova in questa condizione, il resto è lavoratore in regime libero professionale, che avrebbe comunque potuto continuare a lavorare , non come Professione Sanitaria ma come professione di Arti Ausiliarie, come affermato dal Ministero, di cui in atto è titolare l'On. Giulia Grillo che, con la sua uscita, di fatto, ha contraddetto se stessa. E poi ci chiediamo, come faranno le U.O. Accreditamento Istituzionale della ASL a divincolarsi in questo pastrocchio? Per rispetto della norma, che è del lontano 1997, ossia il DPR sui requisiti per l’Accreditamento Istituzionale delle Strutture Sanitarie, dovranno sicuramente richiedere il rispetto dei requisiti organizzativi concedendo la possibilità agli Enti di tenere detto Personale in sovrannumero. Altro che risparmio della spesa.
Inoltre, con il termine “autonomi” (comma 283-bis), quindi liberi professionisti, quindi senza contratto e/o datore di lavoro, come dimostreranno di avere lavorato per almeno 36 mesi in 10 anni? E se hanno lavorato in ambito domiciliare…forse sarà il paziente a dover certificare…. Oppure si faranno dei controlli incrociati con l’Agenzia delle Entrate, con il Comune di Residenza?
E per chi ha lavorato 35 mesi in 10 anni quali soluzioni si troveranno? Si lasceranno fuori oppure prevista qualche altra cosa?
Ci sono tanti interrogativi in questo comma di cui difficilmente si troveranno soluzioni a meno che, non si pensi di “condonare” tutti.
Indi, questo sindacato di categoria e per come è stato chiesto, dai nostri rappresentanti ad alta voce e, con dati di fatto, ai vari esponenti del Ministero della Salute e delle Istituzioni Politiche, potrà comprendere la salvaguardia del posto di lavoro dei professionisti dipendenti ed autonomi, i quali non hanno convertito il loro titolo, valido ed abilitante la professione.
In caso contrario oltre all’altro potere dello Stato che è quello Giudiziario dove ci rivolgeremo, vorremmo ricordare che 250.000 mila professionisti sanitari, prenderanno atto della riforma non senza rimanere inermi e spettatori passivi ma difenderanno il diritto dettato dalle norme Statali, previste dall’ordinamento giuridico e sugellate fino ad oggi, dal Ministero della Salute, anche attraverso una massiva mobilitazione Nazionale.
Antonio Cartisano
Segretario Nazionale Spif Ar
Roberto Ferrara
Vice Segretario Nazionale Spif Ar
Roberto Ferrara
Vice Segretario Nazionale Spif Ar
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